Il bruxismo è un’attività muscolare mascellare ripetitiva caratterizzata da contrazione o digrignando i denti e / o forzando o spingendo la mandibola anche senza contatto dentale. Il bruxismo ha due distinte  manifestazioni circadiane: può verificarsi durante il sonno, indicato come bruxismo del sonno, o durante la veglia, indicato come bruxismo sveglio. Le nuove definizioni sono le seguenti. Il bruxismo del sonno è un’attività muscolare durante il sonno che può essere ritmica (fasica) o non ritmica (tonico) e non è associato a un disturbo del movimento o un disturbo del sonno, dunque avviene in individui altrimenti sani.

Il bruxismo sveglio è un’attività muscolare durante la veglia che è caratterizzata da ripetitivo
o prolungato contatto  dei denti e/o spinta o forza sulla mandibola in individui altrimenti sani.

Eziologicamente, l’evidenza scientifica suggerisce che fattori di rischio biologici e  psicologici hanno un coinvolgimento maggiore rispetto ai fattori morfologici.

Sono presenti in circa il 20% della popolazione, con maggior prevalenza delle parafunzioni durante la veglia rispetto a quelle del sonno. Le parafunzioni di bruxismo e serramento dei denti sono disturbi di larga prevalenza nella popolazione generale.


Diagnosi clinica Bruxismo

La prima fase di diagnosi è certamente clinica dalla sola ispezione delle superfici dentali che nelle forme più tipiche interessano tutte le superfici di tutti i denti per effetto dello sfregamento involontario ma continuo. Tuttavia la presenza di questo segno clinico indiscutibile non dice se il fenomeno sia in atto o solo pregresso richiedendo pertanto indagini aggiuntive.


Bruxismo statico o serramento dentale

Una forma particolarmente frequente e anche maldiagnosticata è quella del bruxismo per solo serramento dei denti che non consuma le superfici ed è più difficile da diagnosticare. I soli segni clinici

Essenziale è diagnosticare le forme primarie di bruxismo , più diffuse, da quelle secondarie. Queste ultime sono principalmente connesse all’uso di farmaci e di sostanze stimolanti (cocaina, anfetamine, ecstasy), nonchè dalla presenza di malattie neurologiche o psichiatriche. La gestione dei casi di bruxismo secondario prevede una collaborazione con il medico curante. La diagnosi del bruxismo è importante anche ai fini della gestione dei disordini temporomandibolari e per evitare complicazioni in caso di terapie protesiche (soprattutto in presenza di impianti o in pazienti con supporto parodontale ridotto) o ortodontiche. La relazione delle parafunzioni con i TMD è ancora oggi oggetto di discussione nei suoi aspetti eziologici. Appare comunque logico che il controllo delle stesse, quando siano presenti in un paziente affetto da TMD, abbia un ruolo nel ridurre il carico a livello delle strutture muscolo-scheletriche temporo mandibolari. Le parafunzioni della veglia più comuni sono il serramento e il digrignamento dei denti. Tra i movimenti di interesse odontoiatrico rientrano molte altre abitudini viziate, che sono anch’esse movimenti eseguiti senza alcuna utilità funzionale. Esempi classici sono il morsicarsi le labbra, tenere in bocca oggetti, stare appoggiati sul mento, mangiarsi le unghie, succhiarsi il dito, muovere le guance e le labbra, effettuare movimenti ritmici con la mandibola. In odontoiatria, particolare importanza riveste il bruxismo per le conseguenze che può presentare a livello di denti, parodonto e del cavo orale in genere. Il serramento e il digrignamento dei denti durante la veglia nominati precedentemente sono forme di bruxismo. La diagnosi di bruxismo della veglia è da ritenersi basata sull’anamnesi e la osservazione clinica. Questo presenta un notevole margine di errore, ma ad oggi non esistono ancora strumentazioni efficaci per il monitoraggio dell’attività dei muscoli masticatori durante la veglia. Parafunzioni e bruxismo della veglia possono, se pur non frequentemente, essere confusi con disordini del movimento più propriamente neurologici: distonie, discinesie, etc. Un criterio diagnostico fondamentale è la controllabilità volontaria del movimento da parte del paziente. Il bruxismo e le altre forme di parafunzioni durante la veglia vengono gestite con interventi di tipo comportamentale: educazione del paziente e razionale della terapia comportamentale, introduzione al ruolo dello stress e degli stati psicologici negativi come potenziali fattori nell’esacerbazione e nel mantenimento, monitoraggio da parte del paziente dei comportamenti parafunzionali, sviluppo di un piano personale di gestione. La terapia si basa su una gestione conservativa che comprenda l’utilizzo di placche occlusali, un approccio comportamentale, e l’eventuale somministrazione di farmaci per brevi periodi. L’obiettivo terapeutico dell’odontoiatra, nei casi senza comorbidità con TMD o altre patologie, è quello di prevenire il danno dentale e ridurre il disagio per i familiari conviventi (rumore). In merito alla forma e disegno non esistono indicazioni circa l’uso di una placca particolare, anche se è indicato ricorrere a quelle manufatte e costruite individualmente per ogni singolo paziente e che siano dotate di un’adeguata robustezza.ll bruxismo dentale può essere classificato anche in base al tipo di movimento (serramento o digrignamento) e al periodo della giornata in cui si manifesta. Se il paziente ha l’abitudine di serrare i denti si parla di bruxismo statico (serramento dei denti): è una parafunzione con contrazione statica della muscolatura masticatoria che si verifica più frequentemente di giorno (ed in tal caso si parla anche di bruxismo diurno, con il paziente spesso consapevole di serrare i denti). Se il paziente digrigna i denti si parla di bruxismo dinamico (digrignamento dei denti): è una parafunzione con contrazione isotonica della muscolatura masticatoria, che si verifica più frequentemente di notte quando il paziente è inconsapevole di digrignare i denti. In quest’ultimo caso, la patologia è classificata tra le parasonnie e viene riconosciuta come una malattia del sonno. Sebbene circa il 60% della popolazione presenti un’attività dei muscoli masticatori durante il sonno, soltanto una minoranza può essere considerata realmente affetta da bruxismo. La prevalenza del bruxismo nella popolazione presenta valori molto variabili e sembra essere correlata all’età: compare nell’infanzia dopo l’eruzione dei denti decidui o all’inizio dell’adolescenza (età < 11 anni) con una percentuale variabile dal 14 al 20%; scende al 13% in soggetti di età compresa trai 18 e i 29 anni; si riduce ulteriormente al 3% nei soggetti con più di 60 anni. Nei bambini, specialmente nel periodo della dentizione mista ed entro certi limiti, può considerarsi fisiologico. I motivi di tale bruxismo sono da ricercare nella precarietà dei contatti occlusali durante la dentizione decidua, nell’irritabilità neuromuscolare legata all’eruzione dei denti permanenti, nella grande emotività di certe fasi della vita infantile. Il bruxismo dei bambini in genere termina alla perdita di tutti i denti da latte e non va trattato.

CLASSIFICAZIONE DEL BRUXISMO

  • Primario o idiopatico
  • Associato a problemi di malocclusione
  • Associato a farmaci o altre sostanze 
    • Antidepressivi,
    • Farmaci antipsicotici,
    • Anfetamine e Sostanze anfetamino-simili (ectasy),
    • Alcol
  • Associato a disturbi del sonno (OSA)
  • Associato a disturbi neurologici Morbo di Parkinson, Demenze
  • Associato a disturbi psichiatrici
  • Associato ad altre patologie Carenze nutrizionali, Parassiti intestinali

Bruxismo dentale notturno

Il bruxismo del sonno è da considersi una entità nosografica indipendente dal bruxismo della veglia. Ha una prevalenza di circa l’8% nella popolazione adulta. La diagnosi clinica di bruxismo del sonno viene effettuata sulla base di un’indagine anamnestica e sulla raccolta di segni (in primis la perdita di sostanza dentale) e sintomi con una conferma da parte dei familiari. E’ bene sottolineare che anche in questo caso la diagnosi presenta un certo margine di errore (“possible” o “probabile bruxismo”, a seconda che sia basata sulla sola anamnesi o su una sua integrazione con l’esame clinico). La conferma di terzi del bruxismo del sonno è essenziale, in quanto l’auto osservazione si è dimostrata non attendibile e quindi insufficiente dal punto di vista diagnostico se unico parametro presente. Il bruxismo notturno può essere considerato come una parafunzione di origine centrale e ad eziologia multifattoriale. Il ruolo svolto dalle caratteristiche anatomiche occlusali e dal distretto cranio-facciale sembra attualmente avere una scarsa correlazione con il bruxismo, al contrario, esistono sempre maggiori conferme che il bruxismo faccia parte di una risposta neurologica, espressione di disturbi nel sistema centrale dopaminergico. Altri fattori come ansia e stress, alcol, malattie sistemiche e farmaci, possono favorire l’insorgere di questo disagio. Complessivamente, è possibile considerare il bruxismo come un disturbo del sonno legato allo stato emotivo del soggetto spesso associato a diverse patologie, caratterizzato da un disturbo del movimento della mandibola tale da non compromettere il sonno stesso.


Polisonnografia e diagnosi EMG del sonno

la diagnosi di bruxismo oggi è vincolata al riconoscimento di una catena di eventi del sistema nervoso centrale che porta al movimento ritmico della mandibola. La raccolta di segni e sintomi del bruxismo e la conferma da parte dei familiari è la prima base per arrivare ad una diagnosi che tuttavia può essere certa esclusivamente con analisi notturna multiparametrica del sonno (polisonnografia), con registrazione elettromiografica dell’attività motoria della mandibola. Ai fini terapeutici, risulta essenziale diagnosticare le forme essenziali, più diffuse, da quelle secondarie. Compito dell’odontoiatra è quello di prevenire il danno dentale e ridurre il disagio per i familiari conviventi con placche occlusali. In merito alla forma e disegno di una placca non esistono indicazioni di sorta circa la superiorità dell’una o dell’altra, anche se è più opportuno ricorrere a quelle personalizzate sui modelli del singolo paziente e dotate di un’adeguata robustezza. Tuttavia deve essere spiegato che l’utilizzo di placche occlusali non elimina il bruxismo e che in caso di concomitante sindrome da apnea ostruttiva durante il sonno (OSA), deve essere posta particolare cautela nell’utilizzo di placche occlusali dando precedenza al disturbo respiratorio. Misurazioni delle concentrazioni di catecolamine (epinefrina e dopamina) dimostrano che un elevato livello di stress, ansia, ostilità ed iperattività, può generare fenomeni di bruxismo ma sorprendentemente anche che la produzione di cortisolo endogeno (ormone naturale prodotto sotto stress) diminuisce dopo gli episodi di bruxismo. In effetti come altre parafunzioni il bruxismo può essere considerato come una vera e propria valvola di sfogo correlata allo stress, espressione di un fenomeno fisiologico di compenso con inevitabili affezioni sull’apparato masticatorio. Quindi il bruxismo può rappresentare un modo per ridurre lo stress, tanto è vero che nei periodi di maggiore serenità, questo fenomeno tende a diminuire spontaneamente.