l colpo di frusta è un trauma di flesso estensione che colpisce la mandibola e il rachide cervicale in modo diverso. Le vertebre cervicali sono schiacciate sul lato di flessione causando oltre al danno articolare anche uno stiramento dei muscoli paravertebrali e latero cervicali. L’articolazione temporo mandibolare invece subisce un danno più indiretto per effetto della minore energia cinetica che colpisce la mandibola rispetto alla testa. Questo fenomeno crea un effetto del colpo di frusta che porta a comprimere l’ATM nella fase di anteriorizzazione della testa e stirarne i legamenti e muscoli nella successiva estensione della testa.
Il sintomi iniziali sono più comunemente originati dal trauma muscolare e solo successivamente complicati da fenomeni infiammatori e degenerativi delle articolazioni, talvolta manifestati solo dopo molti mesi dal trauma. Per questi motivi il trauma cervicale rappresenta un importante fattore di rischio eziologico e perpetuante di molti problemi temporo mandibolari anche preesistenti.
Il colpo di frusta è un evento traumatico che interessa il rachide cervicale. Nella maggior parte dei casi insorge in seguito ad una brusco movimento del capo che supera i limiti fisiologici di escursione articolare.

Il meccanismo lesivo è tipico degli incidenti automobilistici, soprattutto di quelli in cui il veicolo subisce un tamponamento violento. Quando l’autovettura viene tamponata il sedile e il conducente subiscono una forte accelerazione che li proietta in avanti. Il peso della testa tende per inerzia a conservare la posizione iniziale e, mentre il resto del corpo viene spinto in avanti, il capo viene pressato contro il poggiatesta (danno da iperestensione). Successivamente il capo viene proiettato in avanti con una velocità superiore rispetto al resto del corpo (danno da iperflessione). Se la vettura è priva di poggiatesta, o questi sono regolati in modo scorretto, il danno da iperestensione sarà maggiore. In assenza di airbag saranno invece più gravi i traumi da iperflessione poiché la testa non verrà frenata nella sua corsa ed andrà a sbattere violentemente contro il volante.
Il colpo di frusta può comparire anche per eventi traumatici legati a incidenti sportivi o di altra natura. In questi casi l’impatto avviene più facilmente in direzione obliqua proiettando il capo lateralmente e causando danni vertebrali più consistenti. Se immaginiamo il collo come una struttura stabilizzata da una fitta rete di elastici possiamo facilmente capire quale siano le origini e le conseguenze del colpo di frusta. Quando la testa subisce una forte accelerazione il limite di resistenza degli elastici viene superato e le singole fibre si sfilacciano sempre più fino alla completa lacerazione (strappo muscolare). Fortunatamente nella maggior parte dei casi il trauma non è così violento da causare la rottura delle fibre muscolari. Nel caratteristico colpo di frusta si verifica soltanto un semplice stiramento dei muscoli e dei legamenti cervico-nucali. Inoltre il nostro corpo possiede la capacità di rigenerare i tessuti lesi anche se questi non raggiungeranno mai il livello di efficienza degli originali.
Quando si esaminano le possibili conseguenze del colpo di frusta bisogna sempre considerare l’estrema complessità del tratto cervicale sia dal punto di vista anatomico che fisiologico. In esso decorrono infatti molti vasi e nervi fondamentali per la vita stessa dell’individuo. Non a caso tali strutture sono avvolte da una solida impalcatura ossea, muscolare e ligamentosa che le protegge in caso di trauma. L’entità della lesione è direttamente proporzionale all’intensità e alla violenza dell’impatto, che insieme ai sintomi e all’esame obiettivo, costituisce la base per una corretta diagnosi. Nei colpi di frusta meno gravi si hanno soltanto lesioni muscolari e ligamentose con un coinvolgimento marginale delle strutture articolari. Questi traumi non vanno comunque sottovalutati poiché le loro conseguenze negative si possono manifestare anche nei giorni seguenti con la comparsa della classica “contrattura muscolare da riflesso protettivo”. Si tratta essenzialmente di un meccanismo di difesa che il nostro corpo adotta contraendo la muscolatura cervico nucale. In questo modo se da un lato vengono impediti tutti quei movimenti in grado di peggiorare la situazione dall’altro i processi di riparazione cellulare possono procedere senza intoppi. Il risultato di tutti questi effetti si traduce in una sintomatologia caratterizzata da dolore cervicale, ronzii alle orecchie, rigidità del collo, cefalee e limitazioni nei movimenti.


Fratture condilari e mandibolari

La frattura mandibolare più comune è quella della testa del condilo mandibolare all’altezza del collo con dislocazione anteromediale del frammento operato dalla tensione del muscolo pterigoideo esterno che mantiene la sua trazione. In caso di mancato intervento chirurgico la persistenza del frammento dislocato genera un recupero adattativo della motilità mandibolare con inevitabili limitazioni nei movimenti di lateralità.

Le fratture dei processi condilari rappresentano il 26-40% circa di tutte le fratture mandibolari. La maggior incidenza della frattura condilare nei bambini rispetto agli adulti può essere spiegata dalla maggior presenza di osso midollare con solo un sottile anello di osso corticale. La frequenza è sottostimata, perché la sintomatologia è spesso lieve. Il segno più frequente sono le lesioni dei tessuti molli (abrasioni, lacerazioni del mento) (lesione in sede diversa dalla zona contusa – lesione traumatica indiretta). Inoltre asimmetria facciale con deviazione del mento, gonfiore e dolore nella zona dell’ATM colpita, malocclusione post-traumatica con deviazione della linea mediana inferiore dal lato affetto nei casi di fratture monolaterali, open bite latero-posteriore controlaterale o anteriore nei casi di fratture bilaterali, blocco muscolare dovuto al dolore e limitazione in apertura, impossibilità a palpare movimento mandibolare. L’esito più grave di una frattura non evidenziata o mal trattata è l’evoluzione in anchilosi ossea e/o fibrosa, con compromissione della funzionalità e della crescita e insorgenza di forme più o meno gravi di malformazioni dento-scheletriche.

Compito dell’odontoiatra è quello di diagnosticare tale possibile evoluzione negativa ed inviare il paziente al chirurgo per il trattamento specifico. Altri esiti, meno drammatici, possono essere: asimmetrie del volto con deviazione della mandibola verso il lato affetto nei casi monolaterali o open bite anteriore con microgenia per quelli bilaterali, progressiva diminuzione di ampiezza di tutti i movimenti, asimmetria dei movimenti mandibolari centrici ed eccentrici, perdita della dimensione verticale, inclinazione del piano occlusale, riduzione della massa muscolare di tutti i muscoli omolaterali alla frattura, degenerazione artrosica. I bambini tra gli 8 e i 12 anni possono avere un adattamento progressivo del condilo o compenso entro 2-3 anni dal trauma. Obiettivi del trattamento, che si effettua con uno o più cicli di applicazione di dispositivi funzionali mobili ortodontico-gnatologico-ortopedici associati ad esercizi di movimento mandibolare, sono: restaurare le funzione normale, ripristinare una occlusione armonica e stabile, controllare la simmetria di crescita delle basi scheletriche. La scelta del mezzo terapeutico è strettamente legata alle rilevazioni cliniche effettuate sul paziente ed è condizionata dalla tipologia scheletrica del paziente. Entro il primo anno di terapia si devono ottenere la completa remissione di tutti i sintomi per promuovere il proseguimento di una fisiologica crescita ossea esente da anomalie e dimorfismi facciali. Talora le terapie di riabilitazione sopra indicate possono essere riattivate per brevi periodi per accompagnare il piccolo paziente verso un euritmico sviluppo stomatognatico. Rare sono le indicazioni chirurgiche nei bambini di età inferiore a 8 anni.


Manovre di intubazione anestesiologica

Durante interventi chirurgici o manovre di emergenza è possibile dover ricorrere ad intubazione tracheale per il necessario supporto respiratorio. Le manovre di visualizzazione della glottide per individuare il posizionamento del tubo endotracheale necessitano di iperestendere la testa sforzando i muscoli cervicali e anche stirare la mandibola in avanti e in massima apertura generando uno stress per l’articolazione temporo mandibolare


Traumi al volto

I traumi diretti al mento e al corpo mandibolare se non associati a frattura generano uno stiramento dei muscoli e soprattutto della capsula articolare in modo asimmetrico, ossia con forze di tipo intrusivo sul lato colpito ed estrusivo sul controlaterale. Più tipicamente lesivi dei tessuti posteriori sono i traumi frontali che lesionano la zona bilaminare dell’articolazione. Sono possibili danni articolari intracapsulari ed extracapsulari. I sintomi disfunzionali da DCCM possono insorgere sia  immediatamente dopo al trauma sia tardivamente, per fenomeni infiammatori che cronicizzano ma che possono riacutizzarsi anche anni dopo il trauma.